venerdì 27 dicembre 2013

L'attacco dei giganti


La gnocca ha un potere la cui potenza non va sottovalutata. Perché è stata proprio una gnocca che mi ha spinto a vedere questa serie anime. Tutto è avvenuto durante la fiera del fumetto di Lucca del 2013, durante la quale hanno spopolato come non mai i cosplay di Attack on titan. Ed erano quasi tutte donne avvolte in delle uniformi abbastanza arrapanti, da qui il mio interesse. Io prima di allora avevo sentito nominare solo il manga, ma ignoravo che il successo fosse così ampio, non sapevo della fanbase e dello zoccolo duro che il giovane mangaka era andato a crearsi col tempo, tanto da essere insignito con l'onere di avere una serie anime tratta dal suo lavoro. E a farlo erano quelli dello studio IG, mica cazzi...
Siamo in un medioevo alternativo dove la razza umana è stata decimata dall'arrivo dei giganti, esseri da un'altezza che varia dai tre ai quindici metri, i quali pur non avendo bisogno di nutrirsi sembrano però determinati a sgranocchiarsi tutti gli umani,. Questi sono quindi sono costretti a vivere dentro delle speciali città fortificate, allenando degli speciali combattenti che cercano in tutti i modi di annientare e studiare quegli strani esseri.
Seguiamo così le vicende di Eren Jaegaer e della sorella adottiva Mikasa Ackerman, che dopo essere entrati nell'esercito ne vedranno davvero di tutti i colori - anche se il rosso sangue sembra essere la tinta prediletta.
La prima cosa che balza all'occhio di questa serie è il magnifico comparto tecnico.
Sul serio, raramente sono rimasto così impressionato dalla realizzazione di una serie. Animazioni che rasentano la perfezione e scene d'azione coinvolgenti e perfettamente coreografate, il cui ingente budget a disposizione permette di ricreare delle evoluzioni volanti molto credibili e fluide, cosa che per chi ama l'azione come il sottoscritto si fa davvero efficace. Ma da tutto questo ne beneficia anche la regia, che può permettersi dei movimenti della macchina da presa che altrimenti non sarebbero stati possibili, permettendo di visionare i numerosi scontri da diverse prospettive, favorendo una composizione dell'immagine davvero pregevole.
Altra cosa che fa vanto al tutto è il disegno dei personaggi, che pur non differenziandosi di molto dal classico stile jappo, hanno dei tratti ben definiti e di diverso spessore, cosa che la tecnica animata rende necessaria il più delle volte. E' un particolare da nulla, ma a me ha colpito.
Non si possono però ignorare tutti i demeriti che saltano all'occhio una volta che le animazioni hanno smesso di stupire. I personaggi sono tagliati col machete [ma d'altronde è uno shonen, non ci si può stupire] ma il continuo cercare una drammaticità esagerata a tutti i costi fa cadere più volte nel ridicolo involontario. Il particolare che mi ha davvero infastidito è stato quello riguardante l'incontro dei due protagonista da giovincelli, così macabro ed esagerato da non essere credibile, specie che il finale evolversi della vicenda rende alcune scelte fatte dalle loro versioni adulte abbastanza contraddittorie.
Altra cosa che mi infastidisce è la continua ricerca di una drammaticità che non viene, specie perché oscurata il più delle volte da delle battaglie decisamente fini a sé stesse e che non permettono di scavare a dovere nella psicologia dei personaggi. Non una roba alla Michael Bay, anzi, lì manco ci sarebbe lo sforzo di creare una psicologia, però si respira da chilometri di distanza l'occasione mancata.
C'è chi l'ha amata e chi l'ha odiata. Chi mi conosce sa che in questi casi mi metto nel mezzo, anche se stavolta verto un ciccinino verso i detrattori.
Aspetterò la seconda stagione, ma rimane comunque un ricordo vagamente amaro di questi primi ventiquattro episodi.

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